Salgono a 30 le persone morte in ospedale, di cui 15 in dialisi, a causa del blackout di 40 ore. Venezuela nel caos.
Quaranta ore senza la corrente elettrica e generatori che non hanno funzionato nell’ospedale dello Stato di Monegas (nel Nordest del Venezuela).
A denunciarlo su Twitter è Julio Castro, un medico. Alle 11.30 (le 16.30 in Italia), ha scritto Castro, nell’Ospedale Manuel Nunez Tovar di Maturin, capitale dello Stato – “senza luce e senza generatore elettrico” – sono morti 9 pazienti ricoverati nel servizio di emergenza, 2 in ostetricia, uno in traumatologia e uno in terapia intensiva neonatale. Una vittima anche all’ospedale di Maracay, a ovest della capitale Caracas, a questi si aggiungono 15 decessi per mancanza di dialisi.
Saltata anche la rete della telefonia mobile, nessuna comunicazione su internet.
I reparti degli ospedali erano completamente al buio, i medici giravano con le luci dei cellulari. Problemi anche per gli infermieri, costretti a raggiungere il loro posto di lavoro con mezzi di fortuna per tentare di rimettere in funzione le macchine che tenevano in vita molti malati cronici.
Ha smesso di funzionare tutto, respiratori, incubatrici. Momenti drammatici quelli che hanno vissuto medici ed infermieri costretti ad alimentare a mano le incubatrici.
Ma cosa sta succedendo in Venezuela? Perché si parla di sabotaggio?
La drammatica vicenda del Venezuela si inserisce in una crisi economica del Paese senza precedenti: iperinflazione, disoccupazione, scarsità di cibo e di medicinali. Una crisi economica senza pari, frutto del Governo Maduro, che ha portato ad una delle più grandi crisi migratorie della storia dell’America Latina, 2 milioni e mezzo di profughi.
Maduro, eletto nel 2013, dopo la morte di Chávez, ha rafforzato il suo controllo svuotando di potere le istituzioni democratiche; il Parlamento è stato chiuso e sostituito con un organo legislativo controllato dai sostenitori di Maduro. Le elezioni del 2018 hanno visto nuovamente l’affermarsi di Maduro, ma con un’affluenza in calo ai seggi dell’80% e con votazioni apparse poco trasparenti.
L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani aveva denunciato fin da subito la mancanza di trasparenza delle votazioni e alcuni stati – tra cui Stati Uniti, Canada, Brasile e Argentina – si erano affrettati a non riconoscere il risultato delle elezioni.
Mentre a gennaio di quest’anno, Maduro si insediava, Juan Guaido leader dell’opposizione organizzava una manifestazione antigovernativa, richiamando nelle piazze migliaia di cittadini stremati dalla crisi e dalla povertà dilagante, autoproclamandosi Presidente ad interim del Paese, in base all’articolo 233 della Costituzione Venezuelana che, conferisce al Presidente dell’Assemblea Nazionale, l’incarico di Presidente pro-tempore nel caso in cui sia necessario tutelare la democrazia.
Questo ha aperto una vera e propria “questione internazionale” con uno schieramento degli altri Paesi da una parte (Maduro) o dall’altra (Guaido), con gli Stati Uniti a sostenitori di quest’ultimo, posizione che ha provocato il blocco degli aiuti umanitari ai cittadini venezuelani; arrivati a bordo di diversi veicoli – due autoarticolati e sette camion più piccoli – si trovano ora in alcuni magazzini. Contengono cibo e medicinali, che in Venezuela sono difficili da trovare, o quasi impossibili da comprare, per via dell’altissima inflazione, pari a circa il 150mila per cento su base annua.
Il blackout che ha ucciso 30 persone è frutto di una situazione politica difficile. Molte le ipotesi che si susseguono, chi sostiene che si sia trattato di una ritorsione nei confronti di uno dei primari dei reparti colpiti per aver appoggiato pubblicamente la battaglia per l’ingresso degli aiuti umanitari.
Chi addossa la colpa a Chávez che ha cominciato a nazionalizzare le imprese di elettricità con la conseguenza che sono venuti a mancare gli investimenti, le ristrutturazioni e i controlli lungo tutta la rete.
Secondo il Centro di controllo nazionale degli Ospedali, tra il 16 novembre e il 9 febbraio scorsi ci sono stati 79 morti nei principali centri pubblici di salute, sempre per le continue, improvvise interruzioni di energia elettrica che potevano durare anche 12 ore al giorno. Il guasto alla centrale di Guri secondo gli esperti è dovuto ad una serie di concause. La fuga del personale specializzato, una sbagliata programmazione degli investimenti, una gestione frammentata, la decadenza progressiva del servizio dopo la centralizzazione del sistema elettrico nazionale da parte di Hugo Chávez affidato nel 2008 alla Corpoelec.
L’ultima ipotesi parla di sabotaggio; il presidente del Venezuela Nicolas Maduro ha denunciato che il blackout è stato causato da una serie di «attacchi cibernetici, elettromagnetici e fisici», in una operazione di «sabotaggio criminale» organizzata dagli Stati Uniti e messa in atto con la complicità di «sabotatori golpisti infiltrati» nell’ente elettrico nazionale Corpoelec.
Fonti: Infermieristicamente; laRepubblica.it; Rai News