C’è un primo vaccino sperimentale contro il coronavirus

Prodotto in pochissimo tempo, entro fine aprile sarà sperimentato sui primi esseri umani: ma ci sono molte incertezze sulla sua efficacia.

L’azienda farmaceutica statunitense Moderna ha terminato lo sviluppo di un primo vaccino sperimentale contro il coronavirus (SARS-CoV-2), a meno di tre mesi di distanza dalla scoperta in Cina delle prime polmoniti causate dalla malattia (COVID-19). La velocità con cui è stato ottenuto questo risultato è importante e con pochi precedenti, ma questo non implica che il nuovo vaccino sia sicuro ed efficace: per scoprirlo saranno necessari mesi di sperimentazioni, dagli esiti piuttosto incerti.

Moderna esiste da poco meno di dieci anni, ha la sua sede principale a Cambridge (Massachusetts, Stati Uniti) ed è specializzata nella ricerca e nello sviluppo di farmaci basati sull’RNA messaggero (mRNA), la molecola che si occupa di codificare e portare le istruzioni contenute nel DNA per produrre le proteine. Semplificando molto, Moderna ha l’obiettivo di realizzare forme sintetiche di mRNA, quindi create in laboratorio, che contengano istruzioni per produrre proteine che aiutino l’organismo a guarire.

Nei laboratori di Moderna sono impiegate circa 800 persone, che da anni lavorano per sviluppare farmaci e vaccini per trattare malattie come il cancro, patologie cardiache e infezioni dovute a virus e batteri. Le notizie sulla rapida diffusione del coronavirus in Cina e poi in diversi altri paesi del mondo, compresa l’Italia, hanno indotto i responsabili dell’azienda a interessarsi al problema e a valutare la produzione di un vaccino sperimentale.

Come racconta il Wall Street Journal, tutto è iniziato intorno al 10 gennaio, quando i ricercatori cinesi sono riusciti a riprodurre la sequenza genetica del coronavirus, condividendo la notizia e i dati con il resto della comunità scientifica in tutto il mondo. Tra i tanti che l’hanno analizzata, c’erano anche Moderna e il National Institute of Allergy and Infectious Disease (NIAID) di Bethesda (Maryland), centro di ricerca pubblico statunitense che si occupa dello studio delle malattie infettive.

Dopo una prima analisi, i ricercatori di Moderna hanno identificato una sezione della sequenza genetica del coronavirus promettente per indurre una reazione immunitaria nell’organismo che la riceve, senza che però si sviluppino i sintomi della malattia (che in alcuni casi possono essere gravi e letali). Moderna e NIAID si sono messi d’accordo: la prima avrebbe provveduto a sviluppare un vaccino sperimentale, il secondo a testarlo per verificarne sicurezza ed efficacia.

La ricerca e la produzione hanno coinvolto un centinaio di impiegati di Moderna nei laboratori di Norwood, vicino alla sede di Cambridge. Hanno lavorato per settimane senza sosta, con turni nei fine settimana e di notte per fare il prima possibile. Il 7 febbraio, a poco meno di un mese dalla produzione dei primi profili genetici del coronavirus, il laboratorio aveva già completato la produzione di 500 fiale del vaccino sperimentale. Nelle due settimane successive, i ricercatori hanno analizzato il risultato e verificato sterilità e sicurezza di ogni fiala.

Il lotto è stato consegnato a NIAID questa settimana e il direttore dell’Istituto, Anthony Fauci, stima che il primo test clinico con 20-25 volontari sani possa essere avviato entro la fine di aprile, una volta ultimati ulteriori controlli sul vaccino. Il primo test su esseri umani comporterà due somministrazioni per volontario, e avrà lo scopo di verificare la sicurezza del prodotto e la sua capacità di indurre una risposta immunitaria. Quest’ultima dovrà poi essere valutata per verificare che sia efficace contro il coronavirus. I risultati di questa prima fase di test dovrebbero essere pronti tra i mesi di luglio e agosto.

Se le prime verifiche saranno positive, si procederà poi con un secondo test che coinvolgerà diverse centinaia di persone, probabilmente in aree in cui il coronavirus è ormai particolarmente diffuso, come la Cina. Questa seconda fase richiederà tra i sei e gli otto mesi per essere completata e – se sarà positiva – condurrà alle ultime verifiche, effettuate dalle autorità per la sicurezza dei farmaci, in vista della diffusione su larga scala del vaccino. Salvo accelerazioni nelle procedure per ottenere i permessi, l’intero processo potrebbe richiedere circa un anno.

Il successo del nuovo vaccino sperimentale non è per nulla scontato e ne sono consapevoli gli stessi ricercatori di Moderna. Per quanto siano fiduciosi, potrebbero avere scelto una sezione della sequenza genetica poco adatta allo scopo di causare una risposta immunitaria, mancando quindi l’obiettivo di indurre l’organismo a produrre i giusti anticorpi e a serbarne memoria nel caso di un’infezione da coronavirus. È comunque un rischio che vale la pena assumersi, considerata la velocità con cui si sta diffondendo la COVID-19 e gli effetti che potrebbe avere sulle fasce più deboli della popolazione (anziani e individui in condizioni di salute compromesse).

La rapidità con cui Moderna ha realizzato un primo vaccino sperimentale dimostra come le innovazioni nel settore abbiano permesso di accorciare i tempi per questo tipo di ricerche. Nel caso della SARS, per esempio, la ricerca di un vaccino richiese molto più tempo e fu poi sostanzialmente abbandonata, dopo che fu possibile contenere l’epidemia. Con il coronavirus le cose sembrano andare diversamente: i casi verificati di contagio hanno interessato ormai quasi 80mila persone e, secondo gli epidemiologi, il numero di nuovi contagiati continuerà ad aumentare significativamente.

Secondo Fauci, la diffusione del coronavirus potrebbe ridursi durante la stagione calda, per poi tornare a essere rilevante il prossimo inverno. Al momento non si esclude inoltre che la COVID-19 possa diventare una malattia stagionale, quindi ricorrente come avviene con l’influenza. In questo caso un vaccino potrebbe essere molto utile per tutelare gli individui più a rischio, proprio come si fa con il vaccino influenzale.

Moderna non è comunque l’unica azienda al lavoro per produrre un vaccino contro il coronavirus. Da settimane ci lavorano diverse altre società farmaceutiche, come Inovio Pharmaceuticals e Johnson & Johnson. Man mano che l’epidemia progredisce, inoltre, scienziati e centri di ricerca ottengono nuovi dati utili per capire caratteristiche e comportamento del coronavirus.

Mentre si cerca di contenere l’infezione, in modo da ridurre il rischio di nuovi contagi da COVID-19, le autorità sanitarie a cominciare dall’OMS auspicano che entro un anno possa essere disponibile un primo vaccino, che aiuterebbe molto a ridurre la letalità del coronavirus. Anche per questo motivo, ogni tentativo è importante, per quanto porti con sé molte incertezze come nel caso del nuovo vaccino sperimentale di Moderna.

Quali sono i sintomi del nuovo coronavirus

Le cose da sapere e qualche consiglio senza allarmismi su cosa fare se non vi sentite bene e avete dei dubbi: il primo è consultare un medico.

Le notizie dei contagi nella zona di Codogno, in provincia di Lodi (Lombardia), hanno portato nuovo interesse e qualche apprensione per la crisi sanitaria legata al nuovo coronavirus, iniziata alla fine del 2019 in Cina, dove continua a concentrarsi la maggior parte dei casi e delle morti. Il ministero della Salute e le autorità sanitarie lombarde hanno avviato un piano per valutare l’estensione del problema e ridurre il rischio di nuovi contagi. Hanno inoltre chiesto la collaborazione di tutti, invitando le persone entrate in contatto con gli infetti a rivolgersi alle strutture sanitarie, in modo da valutare le loro condizioni e condurre test per verificare l’eventuale presenza del virus.

COVID-19
La malattia causata dal nuovo coronavirus cinese (SARS-CoV-2) è stata chiamata COVID-19 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). “CO” sta per “corona”, “VI” per virus e “D” per “disease” (“malattia” in inglese) e “19” serve per indicare l’anno di identificazione.

Il virus SARS-CoV-2 causa la COVID-19. Di conseguenza, possiamo anche dire che il virus della COVID-19 è il SARS-CoV-2.

Contagio
Il coronavirus si diffonde da persona a persona tramite le piccole gocce che emettiamo con la respirazione, quando tossiamo e quando starnutiamo. Il contagio può essere diretto, per esempio se si è vicini a qualcuno infetto che starnutisce, oppure per via indiretta se il virus è presente su oggetti e superfici.

Come per altre malattie virali, le vie di contagio indiretto possono essere molteplici, ma seguono uno schema piuttosto simile: l’infetto starnutisce o tossisce portandosi una mano alla bocca e poi tocca qualcosa che ha intorno, come la maniglia di una porta; una persona non infetta tocca la maniglia della porta e poi si tocca il viso, portando inconsapevolmente il virus verso le mucose della bocca e del naso, o ancora verso gli occhi.

Incubazione
Il tempo di incubazione – cioè il periodo che intercorre tra il momento in cui si è entrati in contatto con il virus e quando si manifestano i primi sintomi – non è ancora completamente chiaro. In linea di massima, passano dai 2 ai 14 giorni prima di manifestare i sintomi della COVID-19.

Quando si è contagiosi
Di solito con le malattie si diventa contagiosi quando si iniziano ad avere i primi sintomi, ma ci sono patologie in cui si è contagiosi anche nel periodo di incubazione. Per la COVID-19 c’è il sospetto che il contagio possa avvenire anche da parte di persone con il virus ma ancora senza i segni della malattia: alcuni studi pubblicati nelle ultime settimane ne hanno parlato, ma si attendono conferme.

Un’altra ipotesi è che in alcune persone la COVID-19 causi sintomi molto lievi, tali da mantenere gli individui attivi e inconsapevoli di essere malati: questi continuano quindi ad andare al lavoro e a condurre una normale vita sociale, facendo aumentare il rischio di nuovi contagi.

Sintomi
Come abbiamo visto la COVID-19 può essere asintomatica oppure può comportare sintomi simili a quelli di un’influenza: febbre, tosse e difficoltà a respirare; naso che cola e mal di gola sono meno frequenti. Nella maggior parte dei casi il sistema immunitario riesce a contrastare il nuovo coronavirus e a fermarne la moltiplicazione, portando a una guarigione dopo un paio di settimane.

Talvolta i sintomi possono peggiorare e la malattia evolve in una polmonite, con complicazioni che possono essere letali. Il rischio di morte è più alto tra le persone che hanno già altri problemi di salute, come diabete o carenze del sistema immunitario, e tra gli anziani.

Mica avrò la COVID-19?
La COVID-19 può essere inizialmente scambiata per un’influenza (e viceversa), quindi è comprensibile che chi sviluppa qualche sintomo in questi giorni si faccia un po’ di domande. Ai primi sintomi è consigliabile restare a casa, ridurre al minimo i contatti con altre persone e valutare l’evolversi della situazione, come si dovrebbe sempre fare quando si prende l’influenza stagionale, per esempio.

Per ogni dubbio o per avere consigli è bene non farsi un’autodiagnosi su Internet, ma sentire un esperto. Una telefonata al proprio medico di famiglia è il primo passo per valutare la situazione e ricevere istruzioni su come gestirla.

Nel caso in cui i sintomi peggiorino rapidamente, è sconsigliato recarsi direttamente in ospedale o al pronto soccorso. Il consiglio è telefonare al 112 e illustrare la situazione, in modo che sia il personale sanitario a decidere come gestire l’eventuale emergenza. In questo modo si riduce anche il rischio di contagiare altre persone al proprio arrivo in ospedale, senza le dovute protezioni.

Il ministero della Salute ha inoltre messo a disposizione il numero 1500 per ricevere informazioni e consigli sul nuovo coronavirus.

C’è da preoccuparsi?
Con la salute naturalmente non si scherza, ma non bisogna nemmeno farsi inquietare troppo dalle notizie che da settimane leggiamo sul nuovo coronavirus. Secondo il rapporto più completo finora diffuso sulla COVID-19, e basato per lo più su quanto sta avvenendo in Cina, in circa l’81 per cento dei casi la malattia comporta sintomi moderati, mettendo a rischio soprattutto le persone più anziane o che avevano già altre condizioni cliniche. Il 13,8 per cento dei casi ha portato a sintomi gravi e meno del 5 per cento dei casi a condizioni critiche.

Prevenzione
Ridurre al minimo i contatti con le persone contagiose riduce il rischio di contrarre la COVID-19. Le buone pratiche igieniche da seguire sono le stesse consigliate per difendersi dall’influenza stagionale e altre malattie contagiose: lavarsi spesso le mani, non toccarsi il viso con le mani sporche, tossire e starnutire nell’incavo del gomito e non nel palmo delle mani, in modo da ridurre il rischio di trasferire per contatto il virus sulle superfici, se si è contagiosi.

OSS e la gestione della stomia

La corretta gestione della stomia, ha come scopo principale prevenire il distacco precoce del presidio e la prevenzione di eventuali complicanze quali arrossamenti, bruciore, prurito e dolore .Quindi non servono materiali sterili per la pulizia.

Igiene della stomia

Per l’igiene della cute peristomale si utilizza: l’acqua e i saponi neutri, da utilizzare con spugne o panni morbidi, asciugando la parte sempre con panni morbidi.

E’ tassativamente sconsigliato utilizzare sostanze come etere, alcool, amuchina, acqua ossigenata o altri disinfettanti per possibili irritazioni e lesioni a carico della pelle e dello stoma.

In commercio possono trovarsi due tipi di sistemi:

– Sistema a due pezzi: costituito da una placca ed una sacca,

-Sistema monopezzo, costituito da placca e sacca in un unico elemento.

Tempi per le sostituzioni

  • Colonstomia
  • sistema a due pezzi con fondo chiuso: cambio placca ogni 3 giorni, cambio sacca 1 o 2 volte al giorno a secondo anche della situazione generale del paziente;
  • sistema monopezzo con fondo chiuso: cambio sacca 1 o 2 volte al giorno a secondo anche della situazione generale del paziente;
  • Ileostomia
  • sistema due pezzi con fondo aperto: cambio della placca ogni 2 giorni, cambio della sacca una o 2 volte al giorno a secondo anche della situazione generale del paziente;
  • sistema monopezzo con fondo aperto: cambio della sacca una o 2 volte al giorno a secondo anche della situazione generale del

Cambio della sacca di colonstomia (scopo)

Lo scopo e le finalità sono quelle di assicurare il benessere il comfort alla persona, mantenere integra la mucosa dello stoma e la cute peristomale, permettere una buona adesione del sistema di raccolta, assicurare le cure igieniche all’ano artificiale e informare ed istruire il paziente.

Materiale occorrente per il cambio del presidio:

  • paravento, se necessario;
  • sul carrello debitamente sanificato, una brocca con acqua tiepida;
  • guanti monouso non sterili;
  • teli di protezione;
  • spugne monouso per la toilette;
  • garze in tessuto non tessuto;
  • contenitore per l’acqua;
  • contenitore rifiuti;
  • nuova sacca;
  • forbici apposite per taglio a curva;
  • telini

Preparazione dell’ambiente:

  • informare la persona;
  • posizionare confortevolmente la persona con un telo di protezione sotto la sacca;
  • fare partecipare la

L’OSS può eseguire questa manovra su stretta indicazione infermieristica in caso di:

  • resezione intestinale definitiva;
  • messa a riposo temporanea di una porzione intestinale;

In caso necessiti di una medicazione sterile o avanzata, la prestazione è di competenza infermieristica.

Tecnica di esecuzione:

  • Informare il paziente riguardo la procedura;
  • Lavarsi le mani;
  • Indossare guanti;
  • Sistemare il paziente in una posizione il più confortevole possibile con un telo di protezione sotto la sacca;
  • Scollegare la sacca dal bordo superiore per evitare perdite di materiale fecale;
  • Osservare se vi sono eventuali scariche;
  • Mettere la sacca usata nel contenitore porta rifiuti;
  • Togliere il materiale fecale fuoriuscito con delle garze asciutte;
  • Lavare accuratamente la stomia con l’acqua tiepida, dalla zona più pulita a quella più sporca;

  • Asciugare tamponando delicatamente con garze;
  • Evitare di utilizzare altri prodotti oltre l’acqua, se non su stretta indicazone medico-infermieristica e non strofinare la parte evitando di irritare inutilmente la stomia;
  • Esaminare lo stato della cute e della mucosa, in caso di alterazioni avvisare l’infermiere.

Misurazione della placca:

  • Dopo aver eseguito la pulizia della stomia, con il misuratore apposito, rilevare il diametro della stomia e tracciare sulla carta che ricopre il lato adesivo della placca un cerchio di diametro corrispondente alla misura rilevata;
  • Ritagliare sulla placca un foro leggermente più grande (1-2mm) del cerchio tracciato;
  • Sistemare la placca nell’orifizio;
  • Assicurarsi che l’adesivo abbia fatto presa;
  • Riordinare il materiale e l’unità abitativa del paziente;
  • Arieggiare la stanza.

Autore: GIUSEPPE SAPONE COORDINATORE INFERMIERISTICO, STOMATERAPISTA:

Coordinatore Infermieristico, responsabile dell’ambulatorio di chirurgia GOM (GRANDE OSPEDALE METROPOLITANO) di REGGIO CALABRIA.

Socio AISTOM per la REGIONE CALABRIA ,ESPERTO e RESPONSABILE dell’AMBULATORIO PER PAZIENTI STOMIZZATI DELLA PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA.

L’Operatore Socio-Sanitario, e con formazione complementare, in Centrale di Sterilizzazione.

L’OSS è l’operatore che in seguito all’attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione professionale, secondo quanto dettato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, provvedimento del 22 febbraio 2001,art.6, e precisamente nelle “competenze” riportate nell’allegato B, svolge per quanto riguarda l’aspetto relativo alla Centrale di Sterilizzazione, alcune attività di “preparazione” al processo di sterilizzazione.

Viene specificato, infatti, che l’OSS “sa curare il lavaggio, l’asciugatura e la preparazione del materiale da sterilizzare”.

Nel 2003, con l’Accordo tra il Ministero della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, per la disciplina della formazione complementare in assistenza sanitaria della figura professionale dell’OSS, “è stata approvata la figura dell’Operatore Socio Sanitario specializzato o piu’ propriamente l’Operatore Socio Sanitario con formazione complementare in assistenza sanitaria (OSSS)”.

Entrando nello specifico della “Sterilizzazione”, bisogna ricordare che tutto il processo, inteso dalla decontaminazione allo stoccaggio dei materiali sterili, è un argomento complesso, per la normativa in materia, l’eterogeneità dei prodotti, la tipologia delle apparecchiature impiegate e non ultimo il livello di conoscenze degli operatori dedicati.

La qualità del processo di sterilizzazione rappresenta una delle armi più efficaci nella prevenzione di agenti causa di malattie infettive in ambito assistenziale e per questo motivo è necessario che le diverse fasi di trattamento dei dispositivi medici da riprocessare siano effettuate in maniera corretta e precisa.

Essendo il processo di sterilizzazione una forma di assistenza “indiretta” al paziente, l’Infermiere si “avvale” della collaborazione dell’operatore di supporto (OSS), agendo insieme e/o trasferendogli l’attuazione di intervento, senza parteciparvi di persona, ma mantenendo la responsabilità del risultato del processo.

Il termine che maggiormente  esprime il processo di trasferimento di un’azione pianificata all’operatore di supporto è “attribuzione”; cioè assegnazione, riconoscimento, fondato su un giudizio, di ciascuna delle mansioni, funzioni o doveri propri di un ufficio, che proviene da un documento scritto o da una norma.

Sostanzialmente, gli strumenti che gli operatori sono tenuti a conoscere, utilizzare ed applicare, sono rappresentati, nella realtà sanitaria, e quindi nella Centrale di Sterilizzazione che in essa si colloca, da:

  • linee guida
  • procedure e protocolli
  • job description
  • istruzioni operative

Nella Centrale di Sterilizzazione, l’OSS, sulla base degli strumenti sopra descritti, attraverso l’esistenza di una prescrizione infermieristica e di una valutazione del contesto operativo, ha una sua “attribuzione”.

Le attribuzioni nelle aree, in cui gli OSS operano, si suddividono come segue:

◊ Accettazione del materiale in arrivo in Centrale di Sterilizzazione.

◊ Identificazione dei containers e del loro contenuto.

◊ Compilazione schede di accettazione (informatizzate o manuali).

◊ Movimentazione del materiale da riprocessare.

◊ Smontaggio dello strumentario articolato.

◊ Pulizia dei dispositivi medici utilizzando:

   → Metodo manuale (ove richiesto dal produttore del dispositivo).

   → Lavatermodisinfettori.

   → Lavaggio ad ultrasuoni (es.:strumenti di microchirurgia)

 ◊ Per tutti i dispositivi medici non immergibili, detersione manuale e asciugatura.

◊ Scarico materiali dalle lava strumenti

◊ Controllo dell’avvenuta pulizia dei dispositivi medici, attraverso gli  indicatori di lavaggio e il controllo dei parametri delle lavastrumenti.

◊ Assemblaggio degli strumenti nel rispetto delle chek list.

◊ Scelta del confezionamento più idoneo: fogli in TNT, container buste, e riscontro, tramite le chek list, degli strumenti da inserire nelle varie confezioni.

◊ Etichettatura dei dispositivi medici da sterilizzare per la tracciabilità del processo tramite sistema informatico o manuale.

◊ Trasporto dei dispositivi medici processati nel deposito sterile.

L’OSS con formazione complementare, oltre alle precedenti attribuzioni, conformemente alle direttive del personale infermieristico, nelle zone pulita e sterile dispone della facoltà di:

◊ Effettuare il caricamento delle autoclavi.

◊ Impostare e registrare il ciclo di sterilizzazione.

◊ Verificare la realizzazione del ciclo di sterilizzazione attraverso la stampa dei dati.

◊ Scarico dalle sterilizzatrici del materiale processato.

L’Operatore Socio Sanitario Specializzato è un collaboratore importante nelle Centrali di Sterilizzazione.

Dopo un periodo di formazione sul campo, si inserisce, di fatto, nell’organizzazione del processo di sterilizzazione.

E’ una nuova figura che può supportare validamente il professionista infermiere, integrandosi in un sistema complesso di “team work”

concorrendo, di fatto, con tutte le altre figure, al raggiungimento dell’obiettivo finale che è quello di fornire al cittadino utente un servizio di elevata qualità.

Reggio Cal. 10.02.2020                             Antonio Mancini

                                                   Coordinatore Centrale di Sterilizzazione

                                                          Grande Ospedale Metropolitano

                                                                   Reggio Calabria

Mancano disperatamente gli OSS, i nuovi visti peggiorano la situazione