L’interrogazione di FI. Ecco la risposta del Ministro della Salute
In che ambito possono agire gli Oss, operatori socio sanitari, senza incorrere in abuso della professione? Quali mansioni possono essere delegate dagli infermieri? Gli Oss possono somministrare la terapia farmacologica e quale?
Sono alcune delle questioni aperte in tema di “chi deve fare cosa”, alimentati da determinate motivazioni, due in ordine:
- disparità di formazione professionale tra le regioni
- la carenza di personale sanitario che porta ad attribuire agli Oss competenze non pertinenti con il profilo, nell’ottica di ricercare soluzioni più economiche, vista la differenza di retribuzione tra le due figure, Infermieri ed Oss.
Ha chiesto dunque chiarimenti in merito l’onorevole Roberto Novelli (FI), in una interrogazione al Ministro della Salute, in riferimento a alla Regione Friuli, dove in diverse strutture e realtà regionali la somministrazione di farmaci viene eseguita dagli OSS.
L’ azienda sanitaria del Mediofriuli aveva adottato un protocollo in base al quale le prescrizioni terapeutiche potevano essere eseguite dagli OSS con formazione complementare. In realtà per alcuni farmaci medicinali (come antipsicotici, anticoagulanti, ecc.) somministrati dagli OSS, la prescrizione prevede di darli al paziente, fuori dal protocollo, e questa è una funzione che può essere eseguita solo da un operatore con la qualifica di infermiere.
All’interrogazione, il Ministro della Salute, ha prontamente risposto.
Alleghiamo per intero, sia l’interrogazione che la risposta del Ministro.
Interrogazione 5-00113 Novelli: Erogazione di farmaci da parte degli operatori socio-sanitari. Roberto NOVELLI
Ministro della salute – Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo 502/1992, e successive modificazioni, ha definito le prestazioni socio-sanitarie e l’Area delle professioni sociosanitarie prevedendo l’emanazione di diversi decreti ministeriali, dei quali non tutti sono stati però emanati;
la figura di Operatore socio-sanitario (OSS), è stata prevista con Accordo in Conferenza Stato/Regione del 22 febbraio 2001. Un operatore che, a seguito dell’attestato di qualifica conseguito al termine di uno specifico percorso di formazione professionale, svolge un’attività indirizzata a soddisfare i bisogni primari della persona, favorisce il benessere e l’autonomia della persona;
il decreto legge 402/2001 in materia di personale sanitario, ha quindi definito l’Oss, figura di supporto all’assistenza;
in Conferenza Stato/Regione del 16/01/2003 si è quindi disciplinata la formazione complementare dell’OSS. A detto operatore, che ha conseguito con successo un percorso di formazione complementare di assistenza sanitaria di 300 ore di cui 150 di tirocinio, è consentito collaborare con l’infermiere o con l’ostetrica; nonché di svolgere alcune attività assistenziali, in base all’organizzazione, e conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica e/o ostetrica;
sempre più spesso, anche in conseguenza di una carenza di organico di personale sanitario, le figure di Infermiere e OSS tendono a confondersi e interscambiarsi, con il rischio, in alcuni ambiti, di poca chiarezza di ruoli e mansioni. Questo è ancora più acuito da una disparità di formazione professionale tra le regioni. Il sospetto è che per rincorrere il minor costo, vista la differenza di retribuzione tra OSS e infermieri, si cerchino spesso soluzioni organizzative più economiche;
come risulta all’interrogante, in diverse strutture e realtà regionali la somministrazione di farmaci viene eseguita dagli OSS. Per esempio, l’azienda sanitaria del Mediofriuli aveva adottato un protocollo in base al quale le prescrizioni terapeutiche potevano essere eseguite dagli OSS con formazione complementare. In realtà per alcuni farmaci medicinali (come antipsicotici, anticoagulanti, ecc.) somministrati dagli OSS, la prescrizione prevede di darli al paziente, fuori dal protocollo, e questa è una funzione che può essere eseguita solo da un operatore con la qualifica di infermiere;
se non si intenda chiarire in che termini possono essere erogati farmaci dagli OSS anche a garanzia della sicurezza dei pazienti, e attivarsi al fine di prevedere uniformità di ruoli e compiti degli OSS su tutto il territorio nazionale, eliminando le attuali disparità di formazione professionale diversa da regione a regione.
Testo della risposta del Ministro della Salute
Come noto, la figura dell’Operatore Socio Sanitario (OSS) è stata definita nell’ambito dell’Accordo tra il Ministro della Sanità, il Ministro per la Solidarietà Sociale e le Regioni e Province Autonome del 22 febbraio 2001.
In particolare, l’Operatore socio-sanitario, a seguito dell’attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione professionale regionale, svolge attività indirizzata a soddisfare bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario.
Detto Accordo, oltre alle attività e alle specifiche competenze della figura in esame, individua anche gli obiettivi del relativo percorso formativo attraverso corsi di mille ore, la cui organizzazione è stata interamente demandata alle Regioni e alle Province Autonome, cui compete l’istituzione dei corsi medesimi e l’individuazione del numero dei posti disponibili sulla base del fabbisogno regionale annualmente determinato. Per quanto attiene alle attività previste per l’Operatore Socio Sanitario, si precisa che le stesse sono definite dettagliatamente dagli allegati A e B del citato Accordo Stato-Regioni.
Preciso che tra le competenze ascrivibili a tale Operatore, non è prevista la somministrazione della terapia farmacologica al paziente, potendo l’Operatore Socio Sanitario soltanto: «aiutare – in sostituzione e appoggio dei famigliari e su indicazione del Personale preposto – per la corretta assunzione dei farmaci prescritti e per il corretto utilizzo di apparecchi medicali di semplice uso».
Per la tipologia di formazione e le competenze attribuite, l’Operatore Socio Sanitario, a seguito degli interventi legislativi nel settore delle professioni sanitarie, è ritenuto, secondo il Ministero della salute, far parte della categoria dell’Operatore di interesse sanitario, di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 26 febbraio 2006, n. 43, ed in quanto tale non assimilabile alle professioni sanitarie, che conseguono un’abilitazione all’esercizio professionale all’esito di un corso triennale universitario.
Peraltro, l’articolo 1, comma 8, del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, convertito con modificazioni, nella legge 8 gennaio 2002, n. 1 recante «Disposizioni urgenti in materia di personale sanitario», ha previsto che, con apposito Accordo, venisse disciplinata per l’Operatore Socio Sanitario la formazione complementare in assistenza sanitaria, al fine di consentire a detto Operatore di collaborare con l’infermiere o con l’ostetrica e di svolgere autonomamente alcune attività, assistenziali, in base all’organizzazione dell’unità funzionale di appartenenza e conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione.
In attuazione di tali previsioni normative, si è reso dunque necessario completare il profilo dell’Operatore Socio Sanitario con una formazione complementare in assistenza sanitaria, che è stata disciplinata con l’Accordo siglato in data 16 gennaio 2003 tra il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le Regioni e le Province Autonome.Pag. 194L’Operatore Socio Sanitario, che con formazione complementare acquisisce una sua «specializzazione», conseguendo un attestato che gli consente di collaborare con l’infermiere e con l’ostetrica nello svolgimento di alcune attività assistenziali, nell’ambito, comunque, dei limiti ben individuati dall’Accordo medesimo. Nell’allegato A dell’Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003, in particolare, è previsto che l’Operatore Socio Sanitario con formazione complementare in assistenza sanitaria: «è in grado di eseguire la somministrazione, per via naturale, della terapia prescritta, conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione».
Inoltre, egli è in grado di eseguire: «la terapia intramuscolare e sottocutanea su specifica pianificazione infermieristica, conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione».
Pertanto, in conclusione, si deve rimarcare che i compiti e le funzioni dell’Operatore Socio Sanitario e dell’OSSS (OSS specializzato) all’interno delle organizzazioni aziendali, devono in ogni caso essere coerenti con le disposizioni ora citate. Preciso, comunque, che sulla base della normativa sopra esposta, tali compiti non possono confondersi con quelli ascrivibili alla professione sanitaria di Infermiere, che in qualità di responsabile dell’assistenza generale deve sovrintendere in ogni caso alle attività dell’Operatore Socio Sanitario e dell’Operatore Socio Sanitario con formazione complementare.
Nell’ambito dell’Ordinamento Costituzionale vigente, resta, peraltro, affidato alle Regioni il compito di assicurare che in ciascuna realtà organizzativa venga data piena attuazione al quadro normativo di riferimento sopra descritto. Occorre, infine, segnalare che l’istituzione di una specifica area delle professioni socio-sanitarie all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, trova oggi pieno riconoscimento attraverso l’articolo 5 della legge n. 3 del 2018, il quale rinvia ad uno o più Accordi, sanciti in sede di Conferenza Stato-Regioni l’individuazione di nuovi profili professionali socio-sanitari.
L’individuazione di tali nuovi profili, il cui esercizio deve essere riconosciuto in tutto il territorio nazionale, dovrà avvenire in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Patto per la salute e nei Piani sanitari e socio-sanitari regionali.
Il medesimo articolo 5 stabilisce inoltre che: «sono ricompresi nell’area professionale socio-sanitaria i preesistenti profili professionali di operatore socio-sanitario, assistente sociale, sociologo ed educatore professionale».
Peraltro, l’istituzione dell’area socio-sanitaria è prevista anche nel nuovo CCNL Comparto sanità 20162018, che demanda ad una specifica Commissione paritetica tra Aran e Parti firmatari, l’individuazione del personale da collocare in essa. A tal riguardo, voglio rimarcare che il Ministero della salute avvierà approfondimenti con le Regioni e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini dell’attuazione di quanto previsto dall’articolo 5 della legge n. 3 del 2018.
Da ultimo, con riferimento specifico ai fatti rappresentati nell’interrogazione parlamentare in esame, nulla risulta agli atti della competente Direzione Generale di questo Ministero.
Concludo assicurando che il Ministero della salute, nell’ambito dei propri poteri di vigilanza, è sempre pronto ad attivare i Carabinieri-NAS, ogni qualvolta pervengano segnalazioni e/o esposti relativi a casi di esercizio abusivo di professioni sanitarie.
Fonte: InfermieristicaMente