Quando il malato non può comunicare, come può essere valutato il suo dolore?
Il dolore è, ormai da tempo, considerato il quinto parametro vitale, assieme alla pressione arteriosa, alla frequenza cardiaca, alla frequenza respiratoria e alla temperatura corporea; ciò implica la necessità che il dolore venga valutato e trattato per il benessere psicofisico della persona assistita.
È innanzitutto importante dare una definizione univoca del dolore. L’International Association for the Study of Pain (IASP) nel 1986 definisce il dolore come “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno. E’ un esperienza individuale e soggettiva, a cui convergono componenti puramente sensoriali (nocicezione) relative al trasferimento dello stimolo doloroso dalla periferia alle strutture centrali, e componenti esperienziali e affettive, che modulano in maniera importante quanto percepito”.
La comunità scientifica sostiene ormai da tempo che il miglior indicatore per valutare il dolore di una persona è ciò che la persona stessa riferisce (Kwekkeboom e Herr, 2001; Shannon e Bucknall,2003).
L’ art. 7 comma 1 della Legge n.38 del 15 marzo 2010 specifica che “All’interno della cartella clinica, nelle sezioni medica ed infermieristica, in uso presso tutte le strutture sanitarie, devono essere riportati le caratteristiche del dolore rilevato e della sua evoluzione nel corso del ricovero, nonché la tecnica antalgica e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e il risultato antalgico conseguito.”
Inoltre, il codice deontologico dell’infermiere all’articolo 34 sancisce che “L’infermiere si attiva per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza. Si adopera affinché l’assistito riceva tutti i trattamenti necessari.”
Quando l’utente è in grado di comunicare vengono utilizzate delle scale di valutazione, le più comuni sono la VAS, la VRS e la NRS, a queste si possono aggiungere delle scale multidimensionali, che indagano più aspetti che influiscono sul dolore, come il Mc. Gill Pain Questionary, o la scala delle facce, utilizzata nei bambini tra i tre e gli otto anni. Tuttavia, esistono altri tipi di scale di valutazione del dolore per gli assistiti che non sono in grado di comunicare chiaramente o che presentano dei deficit cognitivosensoriali più o meno marcati.
Secondo Payen et al. (2001) almeno il 63% degli assistiti in un’unità operativa di terapia intensiva (ICU) provano dolore con intensità fra severa e moderata; le persone ricoverate in questi reparti sono inoltre frequentemente sottoposte a procedure dolorose e, nonostante il dolore sia un evento avverso prevedibile, spesso la gestione di questo sintomo non viene considerata come una priorità (Blenkharn et al., 2002; Puntillo, 2003) e viene messa in secondo piano rispetto ad altre priorità assistenziali (Carrol et al., 1999; Young et al.,2006). Il problema principale per la valutazione del dolore in queste unità operative è la presenza di barriere che ostacolano la comunicazione: presenza del tubo endotracheale, alterato stato di coscienza, alto livello di sedazione e somministrazione di farmaci curarizzanti (Hall-Lord et al., 1998; Gelinas et al., 2004; Aissaoui et al., 2005; Young et al., 2006; Gelinas e Johnston, 2007).
In letteratura sono presenti, ad oggi, due scale di valutazione che possono essere applicate in terapia intensiva: la Behavioral Pain Scale e Critical-Care Pain Observation Tool.
La Behavioral Pain Scale è una scala comportamentale del dolore per pazienti sedati e ventilati ed è composta da tre items: espressione facciale, movimento degli arti superiori e complicanze con la ventilazione meccanica, per ogni item viene dato un punteggio da 1 a 4; il punteggio finale totalizzato può andare da 3 (corrispondente a nessun dolore) a 12 (peggior dolore). Si tratta di uno strumento valido e affidabile per la valutazione del dolore, tuttavia presenta delle limitazioni, infatti non può essere applicato su assistiti non sottoposti a ventilazione meccanica, tetraplegici, curarizzati o con neuropatie periferiche.
La Critical Pain Obsevation Tool (CPOT) prende in considerazione quattro tipologie di comportamenti associati alla presenza di dolore, a cui viene assegnato un punteggio da 0 a 2: espressione del viso, movimenti del corpo, tensione muscolare, compliance ventilatoria (quando il paziente è intubato) o vocalizzazione (nel paziente estubato); per un punteggio totale compreso tra 0 (assenza di dolore) e 8 (massimo dolore possibile). I limiti di questo strumento sono di non poter essere utilizzata per persone tetraplegiche o a cui sono stati somministrati farmaci curarizzanti.