Morte, quel tabù che va indagato e ascoltato

Le cure palliative non si inventano.

Per molte persone affette da patologie inguaribili, oncologiche e non, la paura della morte è sinonimo di malessere e sintomi a volte di difficile gestione, che se non indagati e trattati possono trasformarsi in sintomi refrattari.

Per molto tempo la medicina tradizionale ha ignorato la paura dell’individuo nei confronti di questo tabù, tendendo ad allontanare e a sminuire l’importanza di tutto ciò che non potesse risultare facilmente guaribile ed altrettanto visibile agli occhi umani. Le ansie, le preoccupazioni e la paura della morte, in un percorso di cure palliative, devono esser prese in considerazione, all’interno del processo di cura ed hanno la stessa importanza dei sintomi fisici, in ogni situazione, in ogni contesto ed in ogni fase della malattia.

Tutte le paure probabilmente prendono vita dalla paura della morte e del morire. Questo è l’elemento irrisolvibile che crea tutte le altre paure. Se pensiamo a cosa ci spaventa effettivamente della morte, probabilmente vedremo che è il come avverrà, come sarà, forse l’ignoto, l’idea che di noi non resti nulla, la perdita delle persone care, dell’amore, delle emozioni che la vita ci regala, ma probabilmente è il fatto che sfugge ad ogni controllo razionale della nostra mente. Pur essendo un evento naturale (dal momento della nascita l’unica certezza è che moriremo), proprio per queste sue caratteristiche, può diventare una patologia nel momento in cui il pensiero della morte è così intenso e invadente da condizionare la vita della persona, impedendo a chi la vive di agire, di scegliere, di cambiare, di vivere.

La paura della morte sopraggiunge, spesso, prima di andare a dormire, al calar del sole, quando le ombre dell’anima prendono forma e quando intorno tutto si fa più scuro ed il silenzio inizia a prendere il sopravvento. Un silenzio che fa rumore nella mente di chi ha molti, forse troppi, dubbi o semplicemente domande a cui nessuno sa rispondere. Questa paura andrebbe indagata ed ascoltata. Oggi la paura della morte può essere valutata ed identificata. La presa in cura della persona, da parte di un’équipe multi-professionale deve necessariamente considerare l’intera totalità dell’individuo: non solo, perciò, la sintomatologia prettamente fisica, ma anche il disagio socio-esistenziale che, inevitabilmente, minaccia l’equilibrio psico-fisico delle persone che stanno percorrendo il viaggio più importante della loro vita. Riuscire a rimanere seduti su quella sedia accanto all’altro non è cosa facile né tantomeno programmabile. Per questo sarebbe auspicabile far stare seduti su quelle sedie professionisti sanitari esperti, formati, competenti, che abbiano sviluppato capacità di ascolto, empatia, resilienza e che sappiano distinguere il coinvolgimento emotivo/personale dal coinvolgimento professionale.

Le cure palliative non s’inventano, non ci si improvvisa palliativisti, né tantomeno esperti delle comunicazioni difficili. La paura della morte è una sensazione riferita spesso dalla persona in fase avanzata di malattia o con malattia potenzialmente mortale. Il morire è un evento che ancora oggi supera la nostra comprensione, risultando un’esperienza che riesce ad essere solo immaginata e questo tabù non fa altro che alimentare ancora di più la paura che tutte le persone nutrono nei confronti di questa. In un concetto filosofico di armonia degli opposti, se vogliamo diffondere ed ampliare la cultura delle cure palliative dovremmo impegnarci nel fronteggiare il tabù della morte, trasferendogli la naturalezza e la sacralità del momento stesso.

 

Fonte: Nurse24.it