Sanità, il rischio di una corsa al profitto e al risparmio è altissimo.
Anche dopo le ultime elezioni politiche il futuro del sistema salute appare abbastanza preoccupante. Non resta che sottolineare ai vincitori delle elezioni, che se vogliono affrontare questioni inerenti la salute pubblica, debbono prima passare una giornata in una sala d’attesa di un qualsiasi Pronto soccorso, o andare in un ospedale quando la mattina presto gli addetti alle pulizie stanno lavando i corridoi per pochi spiccioli e con poco tempo a disposizione.
Al momento di scrivere ancora non si è profilato all’orizzonte un esecutivo definitivo in cui le principali forze uscite dalla consultazione elettorale possano attuare programmi, scelte di governo – o di opposizione – e definire percorsi strategici nel medio e lungo periodo con ricadute positive per la collettività sul piano sociale, economico e, non da meno, culturale.
In questo, come già anticipato qualche settimana fa, la sanità è certamente al centro delle questioni da affrontare in un sentore generale di profonda incertezza nei confronti dell’universalismo del Ssn, che pare sempre più minacciato da un’evoluzione verso sistemi ibridi, sia in termini di offerta paritetica “pubblico – privato”, sia nella realizzazione del “secondo pilastro”, che vedrebbe un ritorno alle assicurazioni e alle mutue di varia portata.
L’esecutivo uscente, risultato sconfitto dalle elezioni, non ha fatto altro che accentuare un percorso verso un sistema a tre – pubblico, privato, assicurazioni – dove le disuguaglianze nella salute sono di fatto peggiorate. I risultati elettorali per le forze di governo uscenti hanno punito le scelte fatte anche in tema di sanità pubblica. Allo stesso tempo però le stesse forze politiche risultate vincitrici, la coalizione di Centro-destra – con in testa la Lega di Matteo Salvini – e il M5S di Luigi di Maio, pur nelle diversità delle dichiarazioni, sembrano intenzionate a non discostarsi dal percorso tracciato dai predecessori per la sanità italiana.
Per la Lega fa testo il modello regionalista approvato in Lombardia dove più di un terzo della popolazione residente, affetta da patologie croniche, è stata invitata a scegliere (non obbligatoriamente) un soggetto gestore, a livello sanitario, delle proprie problematiche di salute. Questo nell’ottica di rendere migliori presa in carico, diagnosi, cura, compliance terapeutica, meglio noti come percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali (PDTA) e di contenere la spesa.
Se sia una strada giusta da percorrere è alquanto difficile da dire, per due ordini di motivi. In primo luogo i gestori sanitari appaltati potranno essere di tanti tipi: dalla cooperativa di medici, o di soggettività altre del terzo settore, ad un’azienda sanitaria stessa o a multinazionali con sede dall’altra parte del mondo. Il rischio di una corsa al profitto e al risparmio è altissimo, a danno di un universalismo che viene ulteriormente destrutturato con ricadute dubbie sulla salute e, se si vuole, sul piano dei costi.
A questo si lega il secondo elemento sostenuto dalla tanto decantata flat tax che, nei fatti, una volta introdotta, produrrà una grave diminuzione delle risorse disponibili che peggioreranno il quadro economico precario della sanità nazionale.
Sull’altro versante c’è il decisionismo riformatore e meritocratico del M5S che però, in tema di sanità, non è ben chiaro come vorrà strutturarsi, quali priorità sceglierà, come garantirà accesso ed equità, anche se, sul piano delle chiavi di lettura da adottare, molti elementi di analisi arrivano dalle prese di posizione dello stesso padre fondatore del movimento, Beppe Grillo, rese note all’indomani delle elezioni (ed anche in molte altre occasioni precedenti in verità) e che rappresentano un buon documento da prendere in considerazione.
Nel suo intervento Grillo affronta la questione sanità in due termini. Da un lato inizia il suo intervento mettendo in luce i problemi economici di una crescita della spesa sanitaria continua e di una disfunzionale ottica di pareggio di bilancio. Dall’altro, viene mostrata una lista di dati, interessanti, importanti, anche se noti da tempo, che però hanno il solo scopo di denunciare la fallacia della scienza medica (risaputa e rivendicata da tutti gli operatori sanitari), sbandierare il bisogno di un serio programma di educazione sanitaria e lanciare un j’accuse al cattivo di turno, nella persona dell’industria farmaceutica che fa e disfa a suo piacimento.
Per intenderci, i soldi spesi per la salute vanno computati in termini ragionieristici come partita doppia nell’ammortamento della crescita numerica e di età della popolazione. L’invecchiamento della popolazione è un indicatore positivo di sviluppo di una data società, se ciò, ovviamente, si verifica in buone condizioni. Se invece una popolazione invecchia ed invecchia male, perdendo anni in buona salute – più di sei per l’esattezza nell’ultimo decennio – questo significa che qualcosa a livello generale non va.
In tema di sanità si impone adottare un’ottica di lungo respiro, non solo sul piano degli investimenti, ma della globalità delle questioni da affrontare, dove non si può parlare di programmi educativi se al tempo stesso non si investe in una scuola pubblica che formi e faccia crescere la cultura nel paese (siamo fra i paesi dell’Ocse con uno dei tassi più alti di analfabetismo funzionale). Parlare di sanità significa porsi il problema dei trasporti pubblici, della manutenzione delle strade e dei greti dei fiumi, dell’ambiente e della vivibilità delle città. La salute individuale e collettiva è fortemente condizionata da quelli che sono i determinanti sociali, dove giocano un ruolo importante il reddito, l’occupazione, l’istruzione, l’abitazione, la provenienza geografica e molto altro. Deregolamentare il sistema, a seguito di tagli delle tasse, dando il via alla corsa al profitto in cerca di risorse economiche, è sbagliato. O appellarsi ad una maturità della popolazione che deve essere “guidata” nelle scelte produrrà solo la trasformazione di una visione di sistema in un approccio individualista alle questioni di salute: se stai male, la colpa è tua.
Lungo questa direzione il futuro appare abbastanza preoccupante, per cui non resta che sottolineare, ai vincitori delle elezioni, (tutti coloro che sono stati eletti al Parlamento), che se vogliono affrontare questioni inerenti la salute pubblica, debbono prima passare una giornata in una sala d’attesa di un qualsiasi Pronto soccorso, o andare in un ospedale quando la mattina presto gli addetti alle pulizie stanno lavando i corridoi per pochi spiccioli e con poco tempo a disposizione.
Oppure prendano in considerazione quelle fasce di popolazione che non hanno altra possibilità per la propria salute che non quella di acquistare prodotti da banco che, seppur non economici, rappresentano a volte l’unica azione disponibile di fronte a costose visite specialistiche, ricoveri difficili, terapie impraticabili, senza ottenere poi grossi risultati e continuando a sperare in qualche guru che li salvi a fronte di un senso profondo di solitudine ed abbandono sanitario.
Fonte: Nurse24.it