Essere Oss significa lavorare soprattutto con umanità

“Quello che mi rimane sono gli sguardi, i ringraziamenti di parenti e pazienti, le rassicurazioni che dono loro ogni giorno tenendogli la mano e la tranquillità che riesco a infondere loro è la più grande soddisfazione personale e professionale.” In una lettera di ringraziamento è racchiusa l’essenza dell’essere operatori socio sanitari: “lavorare soprattutto con umanità, perché dietro la nostra divisa ci siamo noi: persone con il nostro vissuto.”

Cosa significa essere Oss

Essere Oss significa lavorare con professionalità, dedizione ma soprattutto umanità. Alzarsi ogni giorno con la stessa convinzione e motivazione del primo giorno di lavoro, avendo cura della propria salute psico-fisica.

Sensibilità, responsabilità ci accompagnano ogni giorno, mi accorgo sempre di piccole sfumature del carattere delle persone. Discrezione, dignità ed esperienza tutto ciò di cui abbiamo bisogno.

Ma dietro la nostra divisa ci siamo noi: persone con il nostro vissuto, la nostra sensibilità che ci aiuta sempre ad affrontare tutto nel migliore dei modi, empatia quello che ci richiede ogni giorno il nostro mestiere.

Saper fare, saper essere ma soprattutto saper ascoltare il segreto per compiere il nostro operato al meglio accompagnato da correttezza, ma soprattutto trasparenza. Quello che mi rimane sono gli sguardi, i ringraziamenti di parenti e pazienti, le rassicurazioni che dono loro ogni giorno tenendogli la mano e la tranquillità che riesco a infondere loro è la più grande soddisfazione personale e professionale.

E quando un turno risulta pesante?

C’è sempre qualcuno che ci aiuta ad affrontarlo ed a farci tornare il sorriso: un collega fidato, un amico o una persona cara. Così si torna a lavoro più forti e motivati di prima, cercando di infondere sicurezza.

“Un piccolo grande grazie” alle persone che mi hanno insegnato tanto; ai miei pazienti, ai miei colleghi ma soprattutto al mio Direttore.

«Ambienti ospedalieri vivibili riducono lo stress e migliorano approccio a malattia»

Umanizzare i luoghi di cura deve essere tra le priorità per il bene dei pazienti e degli operatori sanitari.

Dante Palli, primario di chirurgia senologica dell’ospedale di Piacenza, spiega: «La diagnosi va comunicata in un luogo idoneo e con i tempi giusti. Informare le pazienti in modo frettoloso, magari in corridoio, o tra un esame e l’altro, è inaccettabile»

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